Abbandonare l'austerità per salvare l'EURO

Maggio 19, 2012

Ciò che Eichengreen vuole mettere in risalto è infatti la profonda differenza di condizioni politiche ed istituzionali presenti nell’Europa del 1929 rispetto a quella attuale.All’epoca della “Grande Crisi”, le economie europee riuscirono a divincolarsi nelle strettoie della recessione su base individuale ed abbandonando, poco alla volta, il gold standard, sostennero la ripresa con la svalutazione delle loro monete. Un paragone con la situazione attuale è apparentemente facile: ci si trova di fronte ad una recessione di proporzioni straordinarie e l’euro non abilita i singoli stati alla svalutazione, essendo la “regia” monetaria stata affidata alla BCE. Fermarsi a questa apparente similitudine, sarebbe tuttavia fuorviante. Eichengreen, ne è davvero convinto, e nonostante lui stesso ci ricordi aver scritto nel 1992 il libro “Catene d’Oro: il Gold Standard e la Grande Depressione”, nel quale si sottolineava il forte potere di deflazione che ai tempi della “Grande Crisi” esercitò il gold-standard sull’economia europea.

Eichengreen sostiene infatti che oggi ci sarebbero quattro ragioni sostanziali per assumere la diversità dell’attuale crisi rispetto a quella del ’29 a livello europeo.
1) Poiché esiste una Banca Centrale Europea, se lo si vuole, si può mettere in atto una risposta monetaria coordinata, a differenza di quanto poteva essere fatto ai tempi della “Grande Crisi” con la presenza di più banche centrali in ordine sparso, per così dire.
2) La tenuta sociale è certamente messa a dura prova a causa dei tagli al welfare, ma i confronti con il periodo della ”Grande Crisi” ci dicono che i programmi di sostegno alla disoccupazione sono molto più forti e attrezzati di allora. Questo dovrebbe di per sé attenuare le spinte populiste per l’abbandono dell’euro, anche se naturalmente tutto ciò rimanda alla gestione politica della questione.
3) Il clima dei rapporti politici tra gli stati europei è assai più disteso di quello che si delineava all’indomani del primo conflitto mondiale, con una Francia, tanto per fare uno degli esempi più importanti, che guardava con forte sospetto la Germania, temendone il riarmo in aperta violazione del Trattato di Versailles.4) I governi europei oggi sanno che abbandonare l’euro significherebbe provocare un terremoto nella costruzione del mercato comune, mentre al tempo della “Grande Crisi” non c’era un mercato comune da proteggere. Abbandonare l’euro sarebbe inoltre ben più traumatico e distruttivo di quanto non sia stato l’abbandono del gold standard, proprio perché c’è di mezzo una moneta comune che imporrebbe il ritorno ad un sistema monetario nazionale da ricostruire interamente.Tutto questo, secondo Eichengreen, può essere considerato un antidoto relativamente credibile sulle maggiori possibilità di tenuta dell’euro rispetto al gold standard. Ma c’è una quinta osservazione che potrebbe far saltare tutto il ragionamento. Eichengreen sostiene che al tempo della “Grande Crisi” i pareri sulle cause della recessione e sui conseguenti interventi erano molto divergenti, non consentendo che si aprisse un fronte comune di intervento coordinato. Oggi ci sarebbe un consenso maggiormente condiviso sulle cause della crisi, ma, sfortunatamente, è la medicina che si è deciso comunemente di somministrare, cioè quella dell’austerità, ad essere sbagliata. Sembra se ne stiano accorgendo – conclude Eichengreen – ma per ora siamo solo ai discorsi. Resta comunque il fatto che saranno le politiche europee a poter decidere se l’euro possa salvarsi o meno, e non sarà altrimenti colpa di un destino cinico e baro.Abolire l’austerità per salvare l’euro, dunque, dotando finalmente l’Europa di una capacità di esprimere delle reali politiche economiche. Quanto a quest’ultimo aspetto, nutriamo tuttavia più di un dubbio che la visione della crisi a livello europeo, benché condivisa, sia quella giusta. Se così fosse, non si sarebbero così pervicacemente perseguite politiche di austerità. Ma su questo avremo modo di tornare sperando comunque che nel frattempo gli esiti politici in Europa allentino la pressione sull’austerità e così la tensione sull’euro. FONTE KEYNESBLOG

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