Italia, 600 milioni investiti in startup: sarà questo il futuro?

Marzo 5, 2019

Nel 2018 il Belpaese ha incontrato un boom di investimenti in startup, realtà giovani e innovative che crescono grazie alla spinta di volontà estere.

L’analisi di ScaleIt, piattaforma che collega investitori e società, sulle operazioni di Venture Capital (VC) in Italia si è rivelata estremamente interessante per comprendere lo sviluppo delle startup e i possibili scenari.

Dopo l’approvazione della legge di bilancio 2019, Di Maio ha lanciato il Fondo per l’Innovazione che farà da bacino per il potenziamento delle realtà italiane che viaggiano sulle onde dell’innovazione.

L’intervento potrebbe essere decisivo considerando i dati positivi riscontrati dallo studio, nonostante non siano completamente il frutto delle spinte economiche del Belpaese.

Startup, la rivoluzione

Il fenomeno della startup è tanto giovane quanto lo è il concept che la regge. Innovative, dinamiche, protese verso il futuro in molti ne hanno colto le potenzialità cercando di avviare una propria attività lavorativa. Tuttavia il sistema che regola il mondo delle startup è ancora instabile e non sempre il successo è garantito.

Arrivano, però, notizie confortanti per coloro che intendono cimentarsi in questa formula. Infatti ScaleIt, piattaforma che connette investitori e società, ha condotto un’analisi sulla base delle operazioni di Venture Capital in Italia, ossia il rischio di un investitore nell’avviare un’attività.

Secondo la suddetta il 2018 è terminato con un boom di investimenti in startup per un totale di circa 600 milioni di euro. Nel conteggio vengono considerate italiane anche quelle società che si trovano al di fuori dei confini nazionali ma che hanno la sede operativa nel Belpaese.

Di nota è il dato che rileva la forte presenza di investimenti esteri che l’anno scorso hanno preso parte a circa 27 operazioni per l’ammontare di 333 milioni registrando un aumento del 59% rispetto alle 17 del 2017 (107 milioni).

Lorenzo Franchini, fondatore di ScaleIt, spiega che i maggiori investitori esteri sono società internazionali che puntano a una capillarità globale e scelgono il Belpaese nei settori di eccellenza made in Italy.

Tra le maggiori operazioni del 2018 sono degne di essere nominate quella di Prima Assicurazioni, la prima compagnia tech italiana che ha ottenuto il finanziamento di 100 milioni di euro da società statunitensi come Goldman Sachs e Blackston, poi quella di Moneyfarm con investimenti di 46 milioni di dollari, per concludere con quella di Erydel con 26,5 milioni di euro.

Boom investimenti, ma l’Italia è indietro

Nonostante il trend positivo registrato durante il 2018, quello delle startup è un mercato che deve ancora trovare stabilità nel Belpaese. Infatti secondo Franchini l’Italia si trova ancora in una posizione di arretratezza rispetto agli altri paesi europei.

Anche qui però si è registrato un significativo miglioramento. Si è accorciata la strada per raggiungere la Spagna che si attesta 1,4 miliardi di investimenti rispetto al 2017 in cui le dimensioni italiane erano un quinto. Lo stesso si è verificato con la Germania (4,4 miliardi), che se prima ci distanziava di 14 unità ora solo di 7.

Franchini ricorda che il governo Monti, con Passera ministro, è stato quello che ha dato maggiormente una spinta verso l’innovazione attraverso un’evoluzione normativa. Trova un maggiore spiraglio con il Fondo per l’Innovazione lanciato da Di Maio a Torino, il quale è la “giusta ambizione per portare le risorse necessarie a far scalare il mercato”.

A tal proposito è previsto il passaggio del 70% di Invitalia Ventures nella Cassa depositi e prestiti, la quale gestirà l’erogazione dei prestiti e apporterà risorse proprie; circa 1 miliardo grazie ai dividendi delle partecipate e dai Pir.

Wall Street: inizia settimana del 666, il minimo genesi del “toro” dell’S&P 500

Mercoledì ricorrerà il decennale del famoso minimo a 666 punti che S&P 500 toccò il 6 marzo del 2009 da cui è partito uno dei più grandi movimenti rialzisti della storia dei mercati Usa

Wall Street i futures sui principali indici azionari americani segnalano un avvio in rialzo nel pomeriggio. A spingere l’apertura delle piazze statunitensi sono i miglioramenti sul fronte della guerra commerciale con la Cina.

Secondo l’autorevole Wall Street Journal e Bloomberg nel fine settimana vi è stato un notevole ammorbidimento dei toni da ambo le parti.

Difficile dirlo, fatto sta che il listino benchmark del mercato a stelle e strisce potrebbe sentire il peso degli anni: “mercoledì ricorrerà il decennale del famoso minimo a 666 punti che S&P 500 toccò il 6 marzo del 2009 da cui è partito uno dei più grandi movimenti rialzisti della storia dei mercati Usa. Dopo 10 anni di rialzi il rischio di una interruzione del movimento si fanno via via crescenti”, ha commentato Pietro Di Lorenzo, trader, socio professional SIAT e storico organizzatore delle manifestazioni Investing Roma e Investing Napoli.

Migliora l’umore ma gli ostacoli sono ancora tanti

Nel fine settimana sembra che i leader di Usa e Cina abbiano raggiunto un’intesa di massima, dopo che il vice premier Liu He si è presentato con ampie concessioni in materia di derrate agricole, prodotti chimici, automobili, gas e altri prodotti sui quali oggi la Cina esercita un forte controllo alle frontiere.

Il capo della delegazione americana alla trattativa, Robert Lighthizer, avrebbe promesso l’eliminazione dei dazi imposti sulle merci cinesi nel corso del 2018 dalla Casa Bianca.

La cerimonia della firma dell’accordo potrebbe essere il 27 marzo, al termine del viaggio di Xin Jinping in Europa. Prima non se ne parla, anche se a Washington vorrebbero chiudere subito, perché si apre in questi giorni a Pechino il Congresso del Partito Comunista Cinese, a presiedere i lavori è il numero uno del Paese.

In questo quadro l’indice S&P 500 è reduce da una breve pausa di assestamento sotto le forti resistenze a 2.800 punti. Il “rally di inizio anno” partito dai minimi di Santo Stefano ha subito una veloce accelerazione con il breakout della media mobile semplice a 200 periodi (SMA 200) ma la scorsa settimana ha perso spinta a causa dell’approssimarsi di questi livelli di forte concentrazione di offerta.

Da inizio anno il ROC (Rate of Change), uno dei principali indicatori di momentum in analisi tecnica, fa segnare massimi decrescenti, in divergenza con l’impulso ascendente dell’indice. L’A/D line, un indicatore di ampiezza del mercato che fornisce informazioni sul rapporto tra i titoli che si muovono al rialzo e quelli che si muovono al ribasso, si sta muovendo in convergenza con l’S&P 500.


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